Foglie di parole contro la violenza di genere
Disgusto, solitudine, forza, oppressione, fragilità, l’amore tossico; lucidità, rottura… parole che volano come foglie.
Tuta rossa, violenza, il colore rosso; smarrimento, ribellione, fuga, spezzata, volare, cadere, sconforto, Kill Bill… parole come foglie: vibrano nell’aria dietro il colpo di una scopa; fanno una giravolta incerta; si sollevano, si ribellano alla gravità; fanno ritorno sulla Terra. Diventano radici.
Disagio, sbagliata, manipolata, indifferenza, dolore, prigione, bambina, gioco, ribellione, coraggio, uno spiraglio di luce… foglie di parole, che coprono il palco su cui ha appena finito di esibirsi l’attrice Francesca Brizzolara, ideatrice e interprete della rappresentazione teatrale Volo per Tecnologia Filosofica e Morenica Cantiere Canavesano.
Questo lavoro, sorto nel 2018 per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stato riportato in scena nei giorni del 16-17-18 marzo in occasione del percorso laboratoriale di riflessione sulle tematiche della violenza e della salute di genere che ha coinvolto le classi terze e quarte del Liceo scientifico “A. Gramsci” e terze della Scuola Media “Arduino” di Ivrea. Hanno preso parte ai dibattiti con gli studenti, oltre all’attrice, anche le avvocate volontarie della Casa delle Donne Roberta Plemone, Michela Enrico, Maria Luisa Rossetti, e la psicoterapeuta Valeria Ferrero.
Ne sono usciti fiumi in piena di parole, e riflessioni dotate di una profondità interessante considerata la giovane età dei loro protagonisti, in particolare nel caso dell’incontro con i ragazzi delle scuole medie. Il risultato soddisfacente di questo ciclo di incontri ha confermato l’efficace ruolo del teatro nel fare da “ponte” nella comunicazione di stati d’animo ed emozioni, facendo dello spettatore stesso un “attore” improvvisato delle sensazioni generate in reazione alla performance.
Come affermato da Francesca Brizzolara, «il teatro ha la capacità di coinvolgere mantenendo le distanze»; gli studenti vengono avvicinati al fenomeno della violenza domestica portato in scena dall’attrice quel tanto che è bastato loro per esserne “scossi”, per suscitarne un’emozione spontanea, poi verbalizzata e resa pensiero consapevole durante il dibattito.
Rendere le emozioni parola, dare voce ai sentimenti, trovare orecchie pronte ad ascoltare senza giudizio… i ragazzi hanno sperimentato quello che per le donne vittime di violenza rappresenta il passo verso la libertà e la riappropriazione del sé.
È proprio questo passo, che conduce attraverso percorsi di “verbalizzazione” delle emozioni e dei sentimenti, a costituire il movimento necessario alle donne per sopravvivere a condizioni di violenza, prendendo la giusta distanza da quel vissuto doloroso oggettivizzato, reso “cosa” da osservare, spostare, allontanare e riportare a sé senza vergogna… come le foglie di Volo: fragili pezzi respinti, abbracciati, lanciati in aria, che possono farsi “radice” quando arrivano a toccare terra.
Semi di una nuova vita in cui i ricordi del passato diventano un’arma invincibile contro i fantasmi del futuro. Come la katana impugnata dalla protagonista mentre si improvvisa una impavida Beatrix Kiddo di Kill Bill.
«Il teatro: un piccolo-grande atto di guarigione collettiva»
Si riportano di seguito le parole dell’attrice Francesca Brizzolara lasciate a margine del laboratorio Volo per i giovani che negli scorsi giorni ha coinvolto – grazie anche alla collaborazione della Casa delle Donne – alcuni studenti del Liceo scientifico “A. Gramsci” e della Scuola Media “Arduino” di Ivrea.
L’autrice e interprete dello spettacolo Volo ha parlato dell’unicità dell’esperienza “teatro”: opportunità unica nel suo genere, offerta allo spettatore – i ragazzi delle scuole eporediesi, in questo caso – per “avvicinarsi da lontano” alle molteplici realtà di vita raccontate sul palcoscenico. «Il teatro è in grado di creare una situazione dotata di un’esistenza temporale e spaziale estremamente ristretta, e per questo anche “unica”», ha spiegato Brizzolara. «In teatro accade l’irripetibile incontro fra il corpo vivo dell’attore che recita e il corpo vivo dello spettatore che assiste, e che partecipa, anche se in modo diverso, alla creazione di un’unica vibrazione di “senso”, che si realizza in quel preciso tempo, in un uno spazio comune e unitario, che abbraccia entrambe le parti (diversamente da quello che accade, ad esempio, davanti allo schermo di un televisore o di un pc)».
Sulla base di queste premesse, si è ritenuto che le parole riportate come commento di Brizzolara all’interno dell’articolo “Volo per i giovani. Foglie di parole contro la violenza di genere” qui pubblicato – «Il teatro ha la capacità di coinvolgere mantenendo le distanze» – occorressero di un sintetico chiarimento, perché l’estrema condensazione del pensiero che ne era stato la premessa non ne travisasse il significato. «La “distanza” che appartiene alla realtà fisica del teatro sembra annullarsi durante la performance, ma un residuo effettivamente rimane: l’attore resta sul palco (anche qualora se ne allontani vi fa sempre ritorno) e il pubblico resta in platea». Questa piccola-grande distanza che appartiene al teatro permette allo spettatore di mantenere davanti a sé lo spazio necessario per consentirgli di decifrare con minore difficoltà ciò che gli scorre davanti, «che si fa epifania e rivelazione di ciò che si muove all’interno di ognuno di noi, e quindi spunto per una forma di “purificazione”!».
«Il teatro è artefice di un meccanismo molto complesso», continua a spiegare Brizzolara, «nello spazio e nel tempo del teatro si crea l’eterna diatriba tra verità e finzione: ciò che si fa sul palco si fa per finta, però è allo stesso tempo estremamente vero. Si trova “distante”, non è la “nostra” storia però è capace di farsi storia “di tutti”, diventando così qualcosa che ci riguarda profondamente! Assistere a questo vero e proprio “rito” permette allo spettatore, ma anche all’attore, di “purificarsi”, di fare esperienza della “catarsi”: un piccolo-grande atto di guarigione collettiva».
Viene spontaneo allora domandarsi di quanto di questo teatro in grado di “guarire” il nostro cuore collettivo avrebbe oggi bisogno. Con i laboratori di Volo per i giovani, la Casa delle donne si è mossa a partire da questo interrogativo, raccogliendo in un unico prezioso momento scuola, ragazzi e teatro, per tornare a ragionare insieme, da vicino, sui temi della parità di genere e del rispetto interrelazionale.
Foto della locandina: LUISA ROMUSSI
Foto dello spettacolo: STEFANIA RICCI