Il Cambio di passo, ossia una diversa metodologia nell’approccio e nella presa in carico delle utenti dello sportello Alzati Eva, è stata pensata durante il lockdown, consolidata a settembre quando la prima ondata pandemica si era affievolita e lo sportello nuovamente aperto, ora diventata prassi.
Nel 2021, a chiarimento del rendiconto economico, gli accessi sono stati di 40 donne con 36 minori, relativi a 20 donne.
La provenienza territoriale: 11 da Ivrea città, le rimanenti provenienze distribuite per lo più dai comuni del Canavese.
Età, tra i 35 e i 58 anni per il maggior numero di accessi: 20-35(9) 40(12) 50(17) >60 (2)
Quasi tutte Italiane (31).
La presa in carico e tipo di proposta, per la maggioranza è stata di natura legale. A seguire le relazioni di aiuto (Psicologa/Counselor/Mediatrice). Infine, interventi multipli (Legale/Counselor/Mediatrice).
La presa in carico sia legale che psicosociale è motivata da situazioni particolarmente complesse e/o dalla valutazione di iter giudiziali ipotizzati lunghi con conseguente necessità di sostegno.
Nel 2022 (i dati non sono definitivi perché faremo la statistica a fine dicembre) fino a settembre ancora 40 accessi, 14 provenienti da Ivrea città, le rimanenti 26 donne dai comuni dell’hinterland. La provenienza dal territorio intorno ad Ivrea è una delle peculiarità dello sportello Alzati Eva.
Le donne straniere sono state 10 su 40.
Le classi di età: <30 (3) 30-40 (12) 40-50 (11) 50-60 (10) >60 (4).
Minori 25, relativi a 26 donne.
0ccupate solo 1, pensionate 2.
Le altre tutte praticamente senza lavoro. Condizione che rende difficile la risoluzione delle convivenze problematiche.
La presa in carico è così distribuita: Mediazione (4) Counselor (8) Legale (8) Miste (10). Solo psicologa (3).
La novità del progetto è la simultaneità delle risposte da parte del team dedicato, facendo ricorso a risorse sia interne che esterne, quali la rete dei servizi territoriali, sociali e sociosanitari.
L’alto numero di minori ha richiesto in particolare la collaborazione del Servizio minori dei Consorzi.
Non sempre facile per l’attenzione preminente sui minori e gli interventi, spesso disgiunti dalle attese e dalle situazioni socio-familiari.
Per noi della Casa si lamenta una settorialità anche delle funzioni interne ai consorzi.
Oppure interventi che difficilmente coinvolgono altre competenze se non come delega.
È il caso della chiamata in causa della Neuropsichiatria infantile che, per sue logiche, ignora la catena e le diagnosi, e/o le semplici informazioni fornite dagli invianti: servizi e prima ancora Sportello antiviolenza.
L’elemento più grave, in caso di separazione o allontanamento giudiziale, è il mantenimento dei ruoli genitoriali attraverso incontri, in zona neutra, col genitore maltrattante.
Dimenticando che spesso, a monte sono avvenute situazioni di violenza assistita e che, cercare di mantenere in vita il rapporto con il padre biologico, è inopportuno specie se in famiglia è sostituito da un compagno della madre presente e affettivo.
Un’altra esperienza di queste nostre prese in carico più integrali è la creazione, nell’attesa di un intervento risolutivo, di reti di protezione in ambito lavorativo, parentale o amicale.
Per esempio suggeriamo di coinvolgere/avvisare:
- nel caso di molestie sessuali in ambito lavorativo le colleghe della donna,
- nei casi di stalking, di cui si intuisce la pericolosità, il vicinato oppure i parenti più sensibili o sensibilizzabili.
È il modo di socializzare un fenomeno che si tende a tenere nascosto o addirittura ignorare.
Anche gli incontri di autoformazione ipotizzati nel progetto, hanno avuto luogo con cadenza quindicinale o mensile. Si sono affrontati tematiche generali come l’influenza degli stereotipi, la discriminazione di genere o situazioni interne alla nostra casistiche: uno scambio di idee ed anche un confronto rispetto incertezze su possibili interventi.
Nel 2022 abbiamo dovuto affrontare e non risolto, l’abbandono della sede Valcancina per sospetti cedimenti strutturali e spostamento al Meeting Point in una stanza che ha permesso solo la continuità dello sportello, in attesa di un ampliamento sempre più macchinoso perché vede implicati noi e lo AISM e l’ufficio tecnico del Comune per interventi di riparazione.
Comunque, la Casa delle Donne, nonostante pandemia, locali da sistemare, e difficoltà connaturate al fenomeno della violenza domestica, mantiene la sua presenza nella comunità del canavese, anche attraverso la sede staccata di Cuorgnè.
Nonostante ci vorrebbero policies integrate, come il reddito di libertà (quasi subito abbandonato), case rifugio, l’aumento del personale dedicato delle Forze di polizia, contenuti sulla discriminazione di genere -trasversali e curriculari- nelle scuole e, soprattutto, la revisione dei tempi del codice rosso e delle Procure.
Nell’attesa che tutto ciò si avveri, noi ci siamo.